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La cisterna di Santa Candida

Archeologia dei siti urbani, pozzi e ipogei

LA CISTERNA ROMANA DELLA CHIESA DI SANTA CANDIDA

L'isola di Ventotene, l'antica Pandataria, priva di falde acquifere e quindi di fonti sorgive, deve da sempre i suoi approvigionamenti idrici ad un complesso e articolato sistema di raccolta delle acque piovane. Fin dai tempi di Roma antica che aveva designato l'isola a residenza per esiliati di rango imperiale, la raccolta delle acque piovane era affidata a due gradi cisterne che fungevano da serbatoi. Da piani di raccolta naturali le acque piovane venivano convogliate in serbatoi scavati nel tufo e costituiti da un complesso sistema di corridoi in parte rivestiti da cocciopesto. Dai serbatoi grandi condotti sotterranei alimentavano cisterne secondarie di alimentazione che convogliavano le acque verso Cala Rossano e Punta Eolo sede della villa imperiale. Nei secoli , con l'abbandono dell'utilizzo delle cisterne come fonte di approvvigionamento idrico, le cavità naturali divennero rifugi naturali per gli abitanti e frequentatori dell'isola. Paleocristini ed eremiti prima e rifugio alle scorrerie dei Saraceni poi nel Medioevo. Secoli dopo durante la colonizzazione borbonica le cisterne divennero da rifugio per genti e animali, prigione per i detenuti impegnati nella costruzione della nuova Ventotene. Del periodo borbonico, la costruzione della Chiesa di Santa Candida avvenuta nel 1769 , edificata sulla piazza sovrasatante il Porto Romano. Sotto il suo sagrato celata da una botola, una cisterna, scoperta durante i dei lavori di ristrutturazione ed esplorata per la prima volta da speleosub di Reitia. Uno stretto camino lungo circa 7 metri che comunica con una cisterna a base rettangolare di circa 6 x 6 metri, con volta a botte e pareti rivestite da malta idraulica, alimentata da un unico canale scavato nel tufo.

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